Le tecnologie per ripulire gli oceani: la scienza può salvare il mare?

Giulia Tripaldi
March 5, 2025
5 min read

Gli oceani coprono oltre il 70% della superficie terrestre e sono il motore della vita sul nostro pianeta. Regolano il clima, producono oltre il 50% dell’ossigeno che respiriamo e ospitano una biodiversità straordinaria. Eppure, li stiamo soffocando con la plastica. Ogni anno, almeno 11 milioni di tonnellate di rifiuti plastici finiscono in mare, trasportate dai fiumi, disperse dalle navi o semplicemente abbandonate sulle spiagge. Nel tempo, queste plastiche si frammentano in particelle microscopiche che si infiltrano nella catena alimentare, contaminando persino il sale da cucina e l’acqua che beviamo.

Se non cambiamo rotta, entro il 2050 nei mari ci sarà più plastica che pesci, un paradosso amaro per un ecosistema che da sempre è sinonimo di vita. Ridurre l’uso della plastica è essenziale, ma il danno fatto non può essere ignorato: bisogna ripulire ciò che è già stato disperso. E qui entra in gioco la scienza, con tecnologie sempre più sofisticate che mirano a recuperare i rifiuti dagli oceani, dai fiumi e persino dalle coste prima che sia troppo tardi.

The Ocean Cleanup: catturare la plastica con la forza delle correnti

Tra le iniziative più ambiziose c’è The Ocean Cleanup, un progetto nato dall’idea del giovane ingegnere olandese Boyan Slat. L’idea è semplice quanto geniale: utilizzare le stesse correnti oceaniche che trasportano la plastica per catturarla. Il sistema si basa su barriere galleggianti a forma di U, lunghe centinaia di metri, che vengono posizionate nei punti di maggiore accumulo, come il famigerato Great Pacific Garbage Patch, la più grande isola di plastica galleggiante al mondo.

Queste strutture, spinte naturalmente dalle correnti, intrappolano i rifiuti senza disturbare la fauna marina, permettendo di raccoglierli in modo efficiente. Una volta pieni, i sistemi vengono svuotati e la plastica recuperata viene portata a terra per essere riciclata. Dal 2019,The Ocean Cleanup ha già rimosso migliaia di tonnellate di rifiuti e l’obiettivo è quello di ridurre del 90% la plastica negli oceani entro il2040.

Bloccare la plastica prima che arrivi al mare

Intercettare la plastica negli oceani è una sfida titanica, ma c’è un approccio ancora più efficace: fermarla prima che ci arrivi. Secondo le stime, circa l’80% della plastica marina proviene dai fiumi, trasportata dalle città e dalle aree industriali.

Per questo motivo sono stati sviluppati sistemi come il River Interceptor, un dispositivo galleggiante che agisce come una barriera intelligente. Posizionato nei fiumi più inquinati del mondo, il sistema utilizza un braccio flottante che convoglia la plastica su un nastro trasportatore, depositandola in appositi contenitori pronti per il riciclo. Grazie a questa tecnologia, è possibile bloccare tonnellate di rifiuti prima che raggiungano il mare, riducendo drasticamente l’inquinamento alla fonte.

Microplastiche: la sfida invisibile

Se raccogliere le macro plastiche è un’impresa difficile ma possibile, affrontare il problema delle microplastiche è ancora più complicato. Parliamo di frammenti inferiori ai 5 mm che derivano dalla degradazione della plastica più grande e che si infiltrano ovunque, dal plancton ai tessuti umani. Sono state trovate persino nell’aria che respiriamo, rendendo il problema ancora più vasto di quanto si pensasse inizialmente.

 

La ricerca sta lavorando a soluzioni innovative per affrontare questa minaccia invisibile. Un team del MIT ha sviluppato nanoparticelle magnetiche capaci di legarsi alle microplastiche nell’acqua e di rimuoverle grazie a un campo magnetico, rendendo possibile la filtrazione delle particelle più piccole. Altri scienziati stanno testando l’uso di spugne bioingegnerizzate, materiali speciali che assorbono e degradano le microplastiche senza rilasciare sostanze tossiche nell’ambiente.

Tecnologie e consapevolezza: due lati della stessa medaglia

Le tecnologie per ripulire gli oceani stanno diventando sempre più sofisticate, ma non possono risolvere il problema da sole. Ripulire senza smettere di inquinare è come svuotare una vasca con il rubinetto ancora aperto: se non riduciamo la produzione di plastica alla fonte, le nostre azioni rischiano di diventare solo una corsa contro il tempo.

È fondamentale investire nello sviluppo di materiali alternativi, come la bioplastica e il packaging compostabile, migliorare la gestione dei rifiuti nei paesi più colpiti dall’inquinamento marino e incentivare il riciclo su larga scala. La scienza sta offrendo soluzioni, ma serve anche una trasformazione culturale che ci porti a ridurre, riutilizzare e ripensare il nostro rapporto con la plastica.

La tecnologia ci sta dando strumenti sempre più avanzati per affrontare l’inquinamento marino, ma senza un cambiamento culturale e politico il problema non potrà mai essere risolto. Possiamo ancora invertire la rotta, ma il tempo per agire è adesso.

La scienza può salvare il mare, ma sappiamo usarla nel modo giusto? Solo con una combinazione di innovazione e responsabilità collettiva possiamo davvero sperare in un oceano più pulito per le generazioni future.

Giulia Tripaldi
March 5, 2025
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